CO2 e acidificazione degli oceani
L’aumento dell’anidride carbonica emessa in atmosfera comporta il riscaldamento della temperatura globale e influisce intensamente sull’ ecosistema marino: la CO2 viene assorbita dall’acqua e reagisce chimicamente con essa dando vita a una serie di reazioni chimiche.
CO2 + H2O ↔ H2CO3 Anidride carbonica e acqua reagiscono fra loro e danno come prodotto acido carbonico
H2CO3 ↔ HCO3– + H+ L’acido carbonico si dissocia in ione bicarbonato e ione idrogeno
HCO3– ↔ H+ + CO3 2- Lo ione bicarbonato si dissocia in un ulteriore ione idrogeno e in uno ione carbonato
Questo sistema di reazioni tende all’equilibrio, ma se l’assorbimento dell’anidride carbonica avviene troppo velocemente e senza sosta, come sta succedendo ai nostri tempi, l’ecosistema non riesce a mantenere la condizione di equilibrio e il sistema tampone fallisce. Di conseguenza il pH oceanico diventa più acido perché il numero di ioni H+ aumenta.
Si stima che i nostri oceani hanno negli ultimi decenni inglobato il 26% dell’anidride carbonica emessa in atmosfera, ciò comporta due effetti: uno positivo di rallentamento dell’aumento dell’effetto serra, uno negativo dell’acidificazione degli oceani. Infatti secondo i dati riportati da uno studio dell’ IPCC ((Intergovernmental Panel of Climate Change)) del 2013 e della NOAA ((National Oceanic Atmospheric Administration)) il pH oceanico si è abbassato di 0,1 unità dall’inizio dell’età industriale (essendo il pH calcolato secondo una scala logaritmica, lo 0,1 corrisponde a circa il 30% di aumento di acidità).
L’aumento dell’acidità danneggia gli organismi acquatici come ostriche, vongole, ricci di mare, coralli e plancton calcareo. La vita di questi animali che costruiscono gusci o scheletri di carbonato di calcio è messa a rischio perché il carbonato di calcio si scioglie in acido. Il problema si complica se consideriamo che l’oceano è un ecosistema complesso e che dunque l’acidificazione diventa un fenomeno importante e significativo per l’intera catena alimentare, basti pensare alle barriere coralline che sono oasi di produttività, città sottomarine ricche di biodiversità. I coralli e i molluschi sono già stressati dalle condizioni di aumento delle temperature degli oceani (riscaldamento climatico e fenomeni di El Niño più intensi), e la velocità impressionante in cui questi cambiamenti stanno avvenendo che non lasciano tempo agli organismi di adattarsi.
Uno studio effettuato dalla NOAA riporta uno scenario allarmante: entro la fine di questo secolo le acque superficiali del mare potrebbero essere quasi il 150 per cento più acide , raggiungendo un pH che gli oceani non vivono da più di 20 milioni di anni. I dati ricavati dallo studio della paleontologia si sono verificate oscillazioni naturali anche in passato, soprattutto nei periodi glaciali e interglaciali, ma è stato stimata una una velocità di decremento del pH al giorno d’oggi 100 volte più rapida.